STARTUP INSURTECH, IN ITALIA INVESTIMENTI TROPPO BASSI

Italia fanalino di coda per gli investimenti in startup insurtech. La dura sentenza arriva dal recente report firmato da Italian Insurtech Association (IIA) e Astorya.vc, in base al quale dei 300 round di investimenti, che hanno interessato startup insurtech in Europa dal 2020 al 2023, solo il 5% ha coinvolto il nostro Paese, con investimenti inferiori all’1% del totale.  Per l’82% delle 111 startup operanti in ambito insurtech in Italia, analizzate da IIA, è fondamentale aumentare la raccolta di capitali.
«Il mercato nazionale oggi rappresenta meno del 5% della scena europea, è arretrato e ha bisogno di rafforzarsi con maggiori investimenti per diventare competitivo a livello internazionale», ha spiegato Florian Graillot, Founding Partner Astorya.vc a InsuranceUp.

Il peso dell’incertezza

A frenare la crescita del settore nel nostro Paese è l’incertezza generata dal contesto macroeconomico a cui si aggiunge l’aumento di investimenti in progetti insurtech interni alle grandi compagnie, che nel 2022 sono cresciuti del 112% rispetto al 2021, come dimostrano i dati raccolti da IIA e dall’Osservatorio Fintech & Insurtech del Politecnico di Milano.
Così l’anno scorso, in Italia gli investimenti in startup insurtech hanno viaggiato con il freno a mano tirato, come dimostrano i 10,1 milioni di euro investiti, contro i 420 milioni di euro della Francia.  La decrescita di investimenti ha comportato, ovviamente, anche una diminuzione del numero di startup made in Italy, che nel 2022 è sceso del 37,5% rispetto al 2020.

Questione di cultura

Stando a quanto dicono gli esperti la scarsa raccolta di capitali in startup è lo specchio di come la digitalizzazione del mondo assicurativo italiano sia ancora arretrata rispetto alla domanda che arriva dal cliente, ad esempio l’87% dei consumatori che ha acquistato o rinnovato una polizza viaggio nell’ultimo anno lo ha fatto prevalentemente online. La bassa propensione dei Venture Capital e delle Compagnie a investire nel settore evidenzia la difficoltà del mercato di comprendere le potenzialità dei nuovi strumenti tecnologici, indispensabili per rimanere competitivi.

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