AI VERTICI AZIENDALI PARITA’ DI GENERE AL PALO

( Foto Freepik)

Nonostante le donne rappresentino quasi la metà della forza lavoro, la loro presenza nei ruoli di leadership e top management rimane ferma a meno di un terzo. Un’indagine di LinkedIn rivela un preoccupante stallo nel 2024, con la percentuale di donne in posizioni dirigenziali ferma al 30,9%, senza alcun miglioramento rispetto all’anno precedente. Questo dato evidenzia un’inversione di tendenza particolarmente marcata in Italia, dove il tasso di assunzione di donne in ruoli di leadership è diminuito dell’ 1,2%, annullando i progressi raggiunti tra il 2015 e il 2021 e riportandoci indietro di cinque anni a livello globale.

Gap persistente tra assunzioni e leadership

Nel 2024, il 51% delle assunzioni totali ha riguardato donne, eppure, quando si tratta di ruoli di leadership, questa percentuale crolla drasticamente al 33%. Ciò significa che, nonostante un’elevata presenza femminile nella forza lavoro complessiva, persiste un divario significativo (circa il 16%) nella loro rappresentazione ai vertici aziendali. Questo gap suggerisce che le barriere all’avanzamento di carriera per le donne sono ancora molto presenti e necessitano di interventi mirati.

Settori con i cali maggiori

L’analisi di LinkedIn ha messo in luce come questo divario si manifesti in modo diverso a seconda del settore, dell’età e del livello di istruzione. Alcuni settori mostrano un regresso particolarmente preoccupante nella partecipazione femminile ai ruoli dirigenziali come: 

  • Trasporti, Logistica, Supply Chain e Magazzinaggio: qui il calo della partecipazione femminile a ruoli dirigenziali ha raggiunto il 41%
  • Servizi Finanziari: Nonostante una forte presenza femminile complessiva (45%), il comparto vede un calo del 40% nella rappresentanza femminile ai vertici 
  • Tecnologia, Informazione e Media: Anche in settori considerati moderni e innovativi, c’è un significativo divario. Con una partecipazione femminile complessiva del 44%, le donne ai vertici sono sottorappresentate con una diminuzione del 37%.

L’impatto della generazione

La rappresentanza femminile nella forza lavoro e, in particolare, nei ruoli di leadership, varia significativamente anche a seconda delle generazioni:

  • Baby Boomer: Le donne appartenenti a questa generazione rappresentano la quota più bassa sia a livello complessivo (29%) sia di top management (21%).
  • GenZ: Le professioniste delle generazioni più giovani costituiscono la maggioranza della forza lavoro (quasi il 53%), con una rappresentanza nella leadership del 36%.

Tuttavia, un dato allarmante è che il divario tra la rappresentanza complessiva e quella nella leadership si amplia con l’avanzare dell’età. Questo suggerisce che man mano che le donne progrediscono nella loro carriera, incontrano ostacoli crescenti nell’accesso ai ruoli di vertice.

Il ruolo dell’istruzione

Se da un lato le donne costituiscono la quota maggiore della forza lavoro tra chi possiede una laurea magistrale (53%) e un diploma di scuola superiore (47%), la loro rappresentanza diminuisce con livelli di istruzione più elevati come il dottorato di ricerca (46%) e la laurea triennale (42%). Questo schema si ripropone nella leadership, dove le donne con laurea magistrale (36%) e diploma superiore (32%) mostrano la maggiore partecipazione, ma sono anche i gruppi che subiscono il calo più significativo nell’accesso alla leadership, pari al 33%. Questo indica che anche un’istruzione superiore non garantisce automaticamente l’accesso ai vertici.

Verso un futuro Skill-First

Questa preoccupante traiettoria si inserisce in un momento di svolta economica cruciale, determinato dall’ascesa dell’intelligenza artificiale. In questo contesto, le competenze e i punti di forza in cui le donne eccellono, spesso grazie ai loro percorsi di carriera più variegati, diventeranno sempre più importanti. Secondo LinkedIn, si assisterà a una progressiva adozione del modello Skill-First, un approccio alle assunzioni e una cultura aziendale che premieranno le competenze piuttosto che il percorso accademico o il titolo di studio, con un focus preponderante sul reskilling e l’upskilling. Questa transizione potrebbe rappresentare un’opportunità per le donne di superare le barriere esistenti, a patto che le aziende siano pronte a valorizzare le abilità e il potenziale indipendentemente dal genere.

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