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In un mercato del lavoro dove l’invecchiamento della popolazione si fa sentire in maniera sempre più significativa abbiamo spesso sentito parlare dell’importanza della formazione continua per restare competitivi e non perdere la propria occupabilità. E questo vale per tutti i lavoratori indipendentemente dal ruolo e dall’ età. In questo quadro il mentoring è uno dei metodi più utili fornire guida e supporto ai dipendenti a vari livelli della loro carriera, spingendoli a migliorare le loro capacità, la loro soddisfazione e il loro contributo al raggiungimento di obiettivi formativi in linea con i programmi aziendali. Nel dettaglio si basa su una relazione professionale in cui una persona esperta – il Mentor – assiste un’altra più giovane – il Mentee – nello sviluppo di competenze e conoscenze specifiche per migliorare la sua crescita professionale e personale. Non solo una modalità per trasferire know-how, sia ben chiaro, ma uno mezzo importante di coesione, creazione di relazione e inclusione che offre a entrambe le due figure, di Mentor e Mentee, opportunità di arricchimento personale.
«Dal lato del Mentor, infatti, c’è la possibilità di riflettere e ricostruire i passi importanti del proprio percorso; ragionare sui propri successi e fallimenti, per mettere a fuoco ciò che l’ha reso la persona che è. Fare il Mentor vuole anche dire rinforzare le proprie capacità relazionali, allenarsi a fare domande, a non dare giudizi, a mettersi in gioco in modo diretto e trasparente, imparando a raccontare i propri esempi e anche i propri errori, per mettere a disposizione del Mentee la totalità della propria esperienza», scrive sulle pagine de Il Sole24Ore Giovanna Prina, partener di bbsette, società di Consulenza e Formazione .
Vantaggi ci sono anche per il Mentee, che ha l’occasione di avere a disposizione una persona con cui potersi aprire senza timore di giudizi sulla performance. Una persona che ha lo scopo di aiutarla a mettere a fuoco degli obiettivi di crescita e il compito di offrire spunti e stimoli per poterli raggiungere, senza forzare nessun comportamento.
Meno ego più fiducia
Ma affinché funzioni davvero e porti a risultati concreti ci sono alcuni punti da tenere sempre presente. Innanzi tutto va detto che la base di una buona relazione di mentoring è la fiducia reciproca. Affinché ciò avvenga il Mentor deve essere in grado di tenere a bada il proprio ego ciò significa: ispirare senza schiacciare, suggerire senza inibire, educare senza comandare. E’ fondamentale poi ricordare che nel mentoring la relazione è il contenuto. Per questo contano e vanno controllate anche le dinamiche di identificazione e attaccamento affettivo tra le due parti. La relazione deve essere uno spazio sicuro per entrambi. Quello che accade nella relazione non deve contraddire quello che si cerca di insegnare. Entrambe le parti devono desiderare l’incontro.
Una crescita per due
Anche perché dalla relazione il mentore guadagna tanto quanto il mentee. Si tratta infatti di una condivisione di punti di vista e di cultura, un rapporto dove l’esperienza incontra la freschezza di uno sguardo nuovo sul mondo e se ne arricchisce. Per questo curiosità, apertura e capacità di ascolto sono fondamentali sia per i senior che per i giovani.