Siamo citati in giudizio d’appello, visto che la prima pronuncia non è stata sufficiente, allo scopo di reclamare, ogni quattro anni, un posto a tavola per rinnovare un contratto? Non sarebbe più redditizio intervenire nella fase preliminare con idee o correttivi o con argomentazioni concrete, non ponendo poi riserve o critiche senza essersi esposti ? A meno che non si voglia sollevare un problema di diversa natura, come il fatto che non si vuole una unità sindacale ma una discriminazione tra chi c’è, quale dirigente in attività e chi c’era, quale dirigente in pensione, senza considerare le soluzioni di carattere pratico a questi devolute, come ad esempio la presenza in una sede, logicamente per chi ce l’ha, per svolgere le necessarie incombenze nell’interesse dei lavoratori che sono rappresentati.

Non condivido questa impostazione così come non avrei condiviso, qualora fossi stato presente nell’organizzazione sindacale, l’inserimento nella causa Ligresti. Non mi sarebbe parso necessario un contenzioso per affermare il fatto che i dirigenti del settore assicurativo desideravano prendere le distanze da quegli eventi, nel momento in cui non erano personalmente coinvolti; così come non mi sembra che vi sia stato un ritorno d’immagine in quanto non se ne è più parlato e sulla scia non s’è creato nulla di costruttivo. Spese compensate, ancora una volta, che vuol dire pagare le parcelle e le spese dei nostri legali. Poi i bilanci sono in passivo. Non certo per questa sola voce, ma l’esperienza insegna che le questioni di principio non servono a nulla e lasciano il tempo che trovano.  La verità è che invece di perdere denaro e tempo su queste cose, dovremmo soffermarci e  fare mente locale sul fatto che il mondo del lavoro è in continua evoluzione e ciò significa che nel medio termine cambieranno completamente le regole e dovremo adeguarci ad un sistema di vita lavorativa che oggi non siamo in grado di prevedere. Questo è il vero  problema: ed è talmente veloce la macchina evolutiva che non riusciamo a  fare previsioni. E come si inserisce un Sindacato? Accettando le regole che di volta in volta si materializzano, uniformandosi per leggere e capire il proprio ruolo di difesa degli interessi di una categoria e per fare ciò occorre essere presenti  nel processo evolutivo ,con una partecipazione fattiva, preoccupandosi di preservare  il ruolo manageriale nelle scelte della politica sulla economia, sul lavoro e sullo sviluppo, portando un contributo di esperienza, di idee e competenza.

Oggi non possiamo che porre le basi, sfruttando le occasioni che il passato ci ha riservato, richiamando l’attenzione di chi ci governa sui grandi problemi che ci riguardano da vicino. Attraverso la forza rappresentativa  della CIDA stiamo proponendo una revisione delle leggi che hanno riguardato il nostro trattamento pensionistico; e qui è giusto proporre una vertenza. Siamo parte attiva in un discorso di revisione del Welfare e in commissione per la  riforma della sanità pubblica e questo,  a mio modesto avviso, significa fare sindacato.

E’  noto a tutti noi qual’ è il ruolo del dirigente, le sue prerogative e quant’altro lo identifica  e sappiamo che una Società, in qualunque momento, può chiederti di abbandonare il posto di lavoro e ben poche sono le possibilità di difenderlo. Al più possiamo rivolgerci ad un sindacato perché ci rappresenti in una trattativa per ottenere   quanto più possibile in termini economici e salvaguardare un benefit o la prosecuzione di una copertura assicurativa sanitaria. E poi? Non credo che per farsi rappresentare occorra necessariamente la figura di un sindacalista, quanto invece di una persona che abbia esperienza in materia e sia attento e ben conosca la problematica ed il contratto di lavoro, ivi compreso il capitolo che riguarda la possibilità di chiedere ed ottenere la partecipazione ad un corso formativo allo scopo, anche e non solo, di consentire una possibile rivalutazione in diversi termini utilitaristici da parte della Società stessa. In fin dei conti il dirigente va considerato come un imprenditore di se stesso e deve vendersi al mondo del lavoro per le sue qualità, le sue esperienze e capacità ed un arricchimento di tutto ciò attraverso corsi formativi ad ampio raggio non può che agevolare e rendere al meglio  un proprio reinserimento. Perché negare questa possibilità se addirittura allo stesso dirigente viene prelevata una percentuale della sua retribuzione proprio per costituire questa opportunità? Può essere un motivo di dialogo che però è riservato solo al nostro sindacato in quanto socio fondatore della istituzione che provvede alla organizzazione dei corsi formativi. Nulla vieta che una diversa associazione possa proporre una soluzione di questo genere ai propri associati, ma per ottenere il nulla osta deve rivolgersi necessariamente alla FIDIA .

Giuliano de Leone

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